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Miniera di zolfo di Cabernardi: testimone silenziosa di un passato recente

Miniera di zolfo di Cabernardi: testimone silenziosa di un passato recente.

Non  lontano dalle mitologiche grotte di Frasassi vicino alla cittadina di Sassoferrato -Ancona-sorge un parco  archeologico a cielo aperto che è la testimonianza  di un vissuto  industriale del secolo scorso che sembra così lontano  da noi  in cui  si incrociarono vite  di gente semplice  che lavorava  duramente per sostenere la famiglia.

IL  PARCO.

Il parco  è stato inaugurato nel 2015 e si estende su una superficie di circa  due  ettari di terreno e grazie ad un minuzioso intervento  di recupero una parte di manufatti che facevano parte della miniera sono nuovamente visibili.

Miniera di zolfo di Cabernardi: testimone silenziosa di un passato recente.
Miniera di zolfo di Cabernardi: testimone silenziosa di un passato recente.

Grazie ai lavori di restauro sono oggi visitabili buona parte delle strutture fuori terra, tra cui i calcaroni, i forni Gill, la centrale a vapore, il piano inclinato per il traino dei vagoncini, la galleria di servizio e l’ingegneristico pozzo Donegani.

Attraverso il percorso si ricostruisce quello che per lunghi anni è stato il  sito minerario solfifero più importante in Europa la cui attività ha costituito per quasi un secolo l’elemento trainante dell ‘economia dell’intera area.

Cabernardi: una storia moderna.

Tra il 1886 e il 1959 questa miniera ha vissuto un’epoca straordinaria  richiamando forza lavoro ,intelligenze, saperi tecnici e scientifici che in pochi anni trasformarono questo territorio agricolo nel più grande complesso  di estrazione di zolfo d’Europa. La società Montecatini,  titolare delle concessioni dal 1917 al 1959,  ampliò gli impianti che raggiunsero l’estensione di 1000 ettari e la profondità di 850 metri.

I SEPOLTI VIVI.

Nel 1959 la miniera fu teatro di una vicenda dall’eco nazionale quando più di  300 minatori rimasero all’interno della concessione mineraria per protestare contro il piano di chiusura e licenziamento dei lavoratori. L’occupazione andò avanti per 40 giorni nel corso dei quali attorno ai “SEPOLTI VIVI”  si creò un interesse a livello nazionale. La miniera chiuse nel 1959 ma questi avvenimenti ebbero un seguito così importante da portare Gianni Rodari  a dedicare un reportage agli avvenimenti nelle pagine “Le vie nuove”  mentre Gillo Pontecorvo documentò gli avvenimenti  nel cortometraggio “Pane e zolfo”

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Per il periodo storico questa miniera ha rappresentato un punto fermo di comunità lavorativa ed umana e  un luogo che attirava manodopera dai paesi vicini . Grazie ad essa si radicarono persone, affetti, modi di vita ed usanze ancor oggi vivi e partecipati dalla comunità.

DONATELLA

FONTE
BORGHIMEDIEVALI
DONATELLA AREZZINI

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