Quando la Musica Ha Sfidato la Morte

Quando la Musica Ha Sfidato la Morte
di Cristina Di Silvio
AISC News.. Parigi, 13 novembre 2015. Una sera d’autunno, fragile e sospesa, colma di lampioni che tremano sulla Senna. Dentro il Bataclan, la musica scorre come linfa: chitarre distorte, batteria pulsante, cori che si intrecciano in un’unica energia vitale. Fuori, la città ignara si muove al ritmo del quotidiano, ignara del precipizio che attende. Poi, un rumore che strappa la pelle e il tempo: spari, urla, vetri infranti. In un battito di cuore, la festa si trasforma in teatro di morte. Tre uomini entrano, cresciuti in Francia, con un dio piegato alla loro follia. Gridano “Allāhu akbar”, parola di grazia che diventa bestemmia, parola di luce che diventa tenebra. Novanta corpi cadono a terra. Il Bataclan non è più un teatro: è altare profanato, tomba collettiva, simbolo di un’Europa ferita nel cuore della propria libertà. Non è solo terrorismo: è un rito del male, un assalto alla gioia, al respiro, alla vita stessa. La religione piegata all’ideologia diventa potere, ma la violenza non ha Dio. L’uomo crea idoli, li arma, e chiama il cielo a testimone dei propri delitti. Eppure, nel buio assoluto, la vita si insinua come un sussurro: i superstiti ricordano il silenzio che segue gli spari come un momento sacro, in cui il respiro diventa preghiera, il tremore diventa affermazione dell’esistere. Il sacro autentico, quello che unisce e non divide, si mostra nell’assenza di suono. E la storia, pur tragica, si ripete: il 7 ottobre 2023, nel deserto del Negev, un festival di musica diventa scena di orrore. Ragazzi che ballano, urla, spari, ostaggi. Bataclan e Negev: separati dai continenti, uniti da un unico disegno di male simbolico. Colpire la vita nel suo momento più libero. Il terrorismo contemporaneo è teatro: cerca pubblico, emozione, memoria. Ma la memoria può trasformarsi in trionfo. Ricordare significa togliere alla paura il potere dell’oblio. Dopo il Bataclan, la Francia scopre la propria fragilità: stato d’emergenza, soldati per le strade, sospetto tra comunità. Ma scopre anche la solidarietà: fiori, candele, concerti che rinascendo diventano resistenza. L’Europa impara che la libertà non è lusso, ma responsabilità; la laicità non è assenza di Dio, ma convivenza delle differenze; il fanatismo nasce dal vuoto umano che lasciamo aperto: educativo, spirituale, politico. La ferita è doppia per molti musulmani europei: dolore per le vittime, vergogna per chi ha tradito la loro fede. La risposta non è la diffidenza, ma il dialogo. L’unico antidoto alla paura è la parola condivisa. Ogni novembre, davanti al Bataclan, si raccoglie un silenzio più eloquente di mille discorsi. E la musica ritorna. Un anno dopo, Sting apre di nuovo le porte: “Non li dimenticheremo mai”, dice, e canta. La memoria, se non si corrompe in rancore, diventa atto politico, spirituale, umano. È dire: avete sparato, ma noi suoneremo ancora. I terroristi non comprendono che la vita, come la musica, trova sempre il modo di rinascere. Il Bataclan non è solo dolore: è coscienza. Insegna che la fede vera non ha nemici e che la libertà autentica non teme il sacro. Ogni volta che una chitarra riprende a vibrare, il fanatismo arretra. Ogni mano tesa abbatte un muro. Il Bataclan diventa la nostra Gerusalemme laica: memoria viva di un’Europa che crede ancora nella convivenza, nella creazione, nella speranza. Dieci anni dopo, parla ancora: con la voce delle vittime, con la musica che le ha accompagnate, con il silenzio che le custodisce. Ricordare il Bataclan è un atto di fede: fede nella vita, fede nel contrario della violenza, fede nel ritorno della luce anche dalla notte più nera.




