*NON SIAMO ANCORA TUTTI UGUALI*

*NON SIAMO ANCORA TUTTI UGUALI*
XXI secolo, eppure non siamo ancora tutti uguali.
AISC News..*Dell’avvocato Shadia Awad
DonneUnite del Movimento Uniti per Unire
Passi in avanti sono stati, fortunatamente, compiuti ma il cammino verso il pieno, onesto e vero, riconoscimento della parità di genere è ancora lungo e, a tratti, tortuoso. Ecco perché tornano alla memoria i pensieri espressi da Arthur Schopenhauer, nel suo “L’arte di trattare le donne”, opera che trasuda machismo e sessismo.
Sin troppo evidente infatti come, tutt’oggi, viga ancora, innegabilmente, una cultura tristemente patriarcale: l’evoluzione culturale sul tema è lenta e, a tratti, laboriosa.
Basti pensare alle incessanti difficoltà cui si imbatte una donna nel mondo del lavoro, sino a raggiungere – solo quando le è consentito! – finalmente posizioni di vertice; salvo ricevere l’ “appunto” che forse è intervenuto l’appoggio di chissà quale potente uomo o, peggio ancora, che forse si è piegata ad un non meglio definito compromesso.
Ed allora, una domanda sorge spontanea: è realmente ancora così difficile riconoscere ed accettare – culturalmente – le capacità e le competenze professionali di una donna?
I dati Istat, poi pubblicati anche dal Sole24Ore, sul divario salariale tra uomini e donne, lo dimostrano, restituendoci l’immagine del contesto, connotato da preoccupante disuguaglianza – peggio ancora se si guarda al settore privato – cui siamo chiamate a “partecipare” quotidianamente.
Mi chiedo: per quale ragione, nonostante gli sforzi compiuti nel corso dei secoli per dare il giusto “lustro” alla donna, le si riserva ancora un percorso terribilmente più lento rispetto a quello che si lascia compiere ai colleghi di pari grado ma di genere maschile? Perché pigre progressioni di carriera? Perché spropositate differenze retributive?
E non è anche questa una forma di violenza contro le donne?
Momento delicatissimo quello nel quale ci troviamo, in cui la violenza praticata sulle donne ha raggiunto, notoriamente, picchi elevatissimi, confermando che occorre un cambiamento – prima di tutto – culturale, orientato alla (ri)costruzione di un concetto di libertà della donna da “edificare” con impegno quotidiano.




