La nuova escalation sulla GERD: dopo l’attacco al Cairo, l’Etiopia accusa l’Egitto e l’esperto Abbas Sharaki svela le vere intenzioni di Addis Abeba

La nuova escalation sulla GERD: dopo l’attacco al Cairo, l’Etiopia accusa l’Egitto e l’esperto Abbas Sharaki svela le vere intenzioni di Addis Abeba
di Chiara Cavalieri
AISC News.. ADDIS ABEBA – La crisi intorno alla Grande Diga del Rinascimento Etiope (GERD) entra in una nuova fase di tensione, mentre la regione del Corno d’Africa torna al centro dell’attenzione internazionale. A poche ore dal violento attacco avvenuto al Cairo, il Ministero degli Esteri etiope ha rilasciato una dichiarazione durissima, accusando l’Egitto di condurre una “campagna di destabilizzazione” volta a minare la sicurezza regionale e a fomentare un’escalation politica e mediatica.
Secondo Addis Abeba, il Cairo si ostinerebbe a basare le proprie rivendicazioni su “trattati coloniali”, opponendosi al dialogo e mantenendo un atteggiamento “ostile e monopolistico” sulle acque del Nilo Azzurro. Una narrazione rigida, pensata per ribaltare l’immagine dell’Etiopia e presentarla come vittima, nonostante anni di operazioni unilaterali sulla diga.
A smentire la versione etiope è intervenuto il noto esperto egiziano di risorse idriche, dott. Abbas Sharaki, che ha definito la nota diplomatica di Addis Abeba “priva di diplomazia e colma di fallacie”. Sharaki ha ricordato come l’Egitto sia stato l’unico attore, per oltre tredici anni, a chiedere costantemente un negoziato trasparente e un accordo legalmente vincolante.
Gli incontri, iniziati nel 2011, hanno coinvolto fasi di trattativa diretta, mediazioni dell’amministrazione americana nel 2019-2020, e infine i cicli sponsorizzati dall’Unione Africana. Il Cairo ha persino redatto e firmato una bozza di accordo, mentre l’Etiopia ha scelto di non presentarsi al momento della firma.
Sharaki ha sottolineato che l’Egitto non solo ha aderito a ogni iniziativa multilaterale, ma lo ha fatto nel pieno rispetto della legalità internazionale. Di contro, Addis Abeba ha sempre privilegiato operazioni unilaterali, respingendo ogni forma di arbitrato o meccanismo vincolante, fino a procedere al riempimento della diga senza coordinamento, nonostante i rischi per Egitto e Sudan.
L’esperto ha poi ricordato una verità geoidrologica spesso distorta dal discorso etiope: l’Egitto è l’ultimo Paese sul corso del Nilo e riceve solo ciò che resta delle precipitazioni che cadono a monte. L’acqua immagazzinata nel lago Nasser, ha precisato, è frutto della capacità di gestione idrica del Cairo, non di alcuna forma di monopolio. Per questo motivo le accuse etiopi di “appropriazione” del Nilo vengono definite da Sharaki “totalmente infondate”.
Sul piano operativo, la GERD rappresenta una delle infrastrutture più imponenti dell’Africa: un investimento da 5 miliardi di dollari per una produzione prevista di 5.150 megawatt, sufficiente a coprire il fabbisogno del 60% della popolazione etiope. Il suo invaso, con una capacità di 74 miliardi di metri cubi, è però il punto critico dell’intera disputa.
Per l’Egitto, che dipende dal Nilo per il 97% dell’approvvigionamento idrico, una gestione non concordata della diga – soprattutto in periodi di siccità – può tradursi in una riduzione drammatica delle risorse per agricoltura, acqua potabile e industria. Non a caso, la GERD è considerata dal Cairo una “minaccia esistenziale”.
La vicenda negoziale dimostra come il tempo abbia giocato a favore dell’Etiopia, che durante tredici anni di tavoli diplomatici ha proseguito i lavori, completando l’infrastruttura nel settembre scorso e attuando progressivi riempimenti unilaterali. Nel frattempo, Egitto e Sudan hanno più volte invocato il coinvolgimento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sia nel 2021 sia nel 2025, senza ottenere una pressione sufficiente su Addis Abeba.
Alla luce dei recenti eventi al Cairo, le accuse etiopi appaiono come un ulteriore tentativo di spostare l’attenzione internazionale, attribuendo all’Egitto una volontà destabilizzatrice che non trova riscontro nella storia dei negoziati.
Secondo Sharaki, il quadro è chiaro: il Cairo continua a chiedere un accordo equo, mentre l’Etiopia tenta di consolidare il fatto compiuto. In un contesto regionale già fragile, la mancanza di un’intesa vincolante sulla GERD non solo alimenta tensioni bilaterali, ma rischia di ripercuotersi sull’intera sicurezza idrica del Nordafrica e del Corno d’Africa.
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