COMUNICATO STAMPA AMSI-UMEM-CO-MAI-AISC-UNITI PER UNIRE 12 MARZO 2025 / GIORNATA CONTRO LE VIOLENZE SUGLI OPERATORI SANITARI
Aodi: “Le aggressioni al personale sanitario sono una ferita aperta per il nostro Paese. Ogni giorno, gli operatori della salute sono sempre più spesso vittime di violenza. Se non si interviene subito, la situazione rischia di evolversi in un’emergenza ancora più grave”.

Aodi: “Le aggressioni al personale sanitario sono una ferita aperta per il nostro Paese. Ogni giorno, gli operatori della salute sono sempre più spesso vittime di violenza. Se non si interviene subito, la situazione rischia di evolversi in un’emergenza ancora più grave”.
ROMA 12 MAR 2025 – In occasione della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, le associazioni AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, da sempre in prima linea, sin dalla loro origine, contro ogni fenomeno di aggressione fisica e verbale contro i professionisti della salute, lanciano un allarme forte e chiaro: il fenomeno delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari in Italia ha raggiunto livelli allarmanti, con un incremento del 33% nel 2024 rispetto all’anno precedente.
“Oggi più che mai le nostre associazioni sono in prima linea per difendere i professionisti della salute, siano essi italiani o di origine straniera. Il nostro impegno non è mai stato così forte. La violenza contro il personale sanitario è un atto intollerabile che minaccia la sicurezza, la salute e l’intero sistema sanitario del nostro Paese”. Esordisce così nella sua analisi il Presidente Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale, esperto in salute globale, Direttore dell’AISC (Agenzia Britannica Internazionale Informazione Senza Confini), membro del Registro Esperti FNOMCEO, quattro volte consigliere dell’OMCeO di Roma e docente dell’Università di Tor Vergata.
Nel 2024, sono stati registrati 25.940 episodi di aggressioni nei confronti di medici, infermieri e altri operatori sanitari. La violenza, che non si limita agli episodi fisici ma include anche violenze verbali e molestie, sta colpendo in particolare le professioniste sanitarie di origine straniera, con un aumento del 35% negli ultimi cinque anni. Tra queste, un picco di violenza si è verificato tra le dottoresse provenienti dai Paesi dell’Est, con il 5% che ha lasciato l’Italia nel 2024.
Il Prof. Aodi sottolinea con fermezza: “Non possiamo più tollerare che gli ospedali e le strutture sanitarie diventino luoghi di violenza e insicurezza per chi vi lavora. È fondamentale agire ora, con soluzioni concrete e tempestive. La sicurezza dei professionisti della salute deve diventare una priorità nazionale. Bisogna fermare questa escalation e dare un segnale chiaro che chi aggredisce i medici e gli infermieri non resterà impunito”. “Le nostre associazioni, unite, sono impegnate a difendere e valorizzare il collettivo degli operatori sanitari, promuovendo soluzioni pratiche e urgenti”, prosegue Aodi.
Il valore e la dignità del lavoro sanitario
La crisi che stiamo vivendo non è solo una questione di numeri e statistiche, ma una questione di dignità e valorizzazione del lavoro sanitario. Non è più sufficiente guardare i dati con preoccupazione: è necessario un cambio di mentalità nella società. I professionisti della salute, italiani e stranieri, devono essere rispettati e protetti in quanto parte fondamentale della nostra collettività. La sanità, che già affronta le difficoltà di un sistema sotto pressione, non può permettersi di cedere al degrado e alla violenza.
Il Prof. Aodi aggiunge: “Il nostro impegno è rivolto a rafforzare il concetto di collettivo, perché insieme siamo più forti. In un momento di crisi, dobbiamo riscoprire l’importanza di lavorare fianco a fianco, medici, infermieri e operatori di ogni origine e specializzazione, per garantire un servizio sanitario equo e sicuro per tutti”.
La violenza contro le professioniste sanitarie straniere: un fenomeno crescente
Negli ultimi cinque anni, le violenze verbali, fisiche e le molestie sessuali contro le professioniste sanitarie di origine straniera sono aumentate del 35%. Le dottoresse provenienti dai Paesi dell’Est sono particolarmente vulnerabili. Un caso emblematico riguarda una dottoressa di origine africana, specializzata in urologia, che ha lavorato in cinque diverse regioni italiane, cambiando costantemente posto di lavoro a causa di molestie sessuali. Esausta, ha infine deciso di tornare in Africa: “Non ce la facevo più”, ha dichiarato al Presidente Aodi Questo caso rappresenta solo una delle tante storie di sofferenza e frustrazione di professionisti che, pur di servire il nostro Paese, sono costretti a subire abusi inaccettabili.
Il Prof. Aodi riflette anche sul tema della mancanza di denuncia: “Una delle problematiche più gravi è che, nonostante il dolore e le violenze subite, la maggior parte delle vittime non denuncia. Questo perché temono ritorsioni, intimidazioni o, addirittura, il licenziamento. Dobbiamo rompere il silenzio e permettere a chi è vittima di violenze di sentirsi supportato e protetto”.
Un fenomeno globale mai così grave
Le aggressioni al personale sanitario sono in crescita anche a livello internazionale:
- +32% in Europa
- +39% a livello mondiale
- +40% negli Stati Uniti
- +35% nel Regno Unito
- Medio Oriente e Africa registrano il numero più alto di violenze fisiche contro medici e infermieri.
Il Prof. Aodi afferma con determinazione: “Il problema non è solo italiano, ma è un fenomeno globale. Paesi come l’Egitto e la Giordania stanno adottando misure drastiche, mentre in Europa e negli Stati Uniti la violenza contro il personale sanitario sta aumentando a ritmi esponenziali. Serve una risposta forte, con leggi più severe, protezioni adeguate e, soprattutto, una forte solidarietà tra colleghi”.
Proposte per fermare l’escalation della violenza
Per affrontare questa emergenza, AMSI, UMEM e Uniti per Unire propongono le seguenti soluzioni, che vanno oltre il semplice intervento legislativo e si concentrano anche su un modello di proattività collettiva e inclusiva:
- Ambulatori per i codici bianchi: per ridurre il sovraccarico dei pronto soccorso e garantire cure tempestive.
- Punti soccorso nelle aree periferiche: per alleggerire i pronto soccorso e migliorare l’accesso alle cure.
- Maggiore sicurezza negli ospedali: con presidi di sorveglianza attivi 24 ore su 24.
- Campagne di sensibilizzazione e educazione sociale: per contrastare la cultura della violenza contro il personale sanitario, rafforzando l’importanza del rispetto nei confronti di chi opera nel settore.
- Supporto psicologico obbligatorio: per gli operatori sanitari vittime di aggressioni, al fine di favorire la loro resilienza e capacità di affrontare traumi legati al lavoro.
«Il problema è di fondo di natura culturale, perché purtroppo alle origini delle aggressioni, oltre alla malorganizzazione sanitaria, che non è mai giustificata perché non è colpa dei professionisti della sanità, l’organizzazione sanitaria deve essere pari con l’alto grado della professionalità dei professionisti della sanità, per questo bisogna cambiare mentalità.
Al primo posto, come posto di aggressione, sono il pronto soccorso e poi le aziende sanitarie, le ASL, oltre anche la sanità privata, vittima di aggressioni, specialmente con l’aumento dell’età, la maggior parte oggi le aggressioni vengono dai figli o dalle figlie di anziani, ma tante volte per giustificare l’amore verso i genitori si scaricano questa mancanza di stare vicino ai loro genitori nei confronti dei professionisti della sanità.
Per questo tutte le leggi che sono state messe in atto, o altri provvedimenti, ma non bastano, bisogna cambiare radicalmente la cultura e proteggere i professionisti della sanità.
Le aggressioni sono al primo posto di abbandono dalla sanità pubblica e la fuga all’estero, con la medicina difensiva e lo stress lavorativo, nonché sono direttamente collegate al triste fenomeno della medicina difensiva contro cui le nostre associazioni si battono da tempo», afferma ancora Aodi.
Il Prof. Aodi conclude con un appello forte e chiaro alle istituzioni: “I professionisti della salute meritano rispetto, protezione e dignità. Chiediamo al governo e a tutte le istituzioni competenti di prendere provvedimenti immediati e concreti per fermare questa escalation di violenza. È il momento di unire le forze e lottare per tutelare chi si prende cura della nostra salute ogni giorno, senza paura”.
Così dichiarano i Consigli Direttivi, insieme al Prof. Foad Aodi, medico palestinese, giornalista internazionale iscritto all’albo di Roma e del Lazio, ed esperto di salute globale, con il Dr. Jamal Abo A. – Vice presidente Amsi, il Dr. Mihai Baleanu – Portavoce Amsi, il Dr. Kamran Paknegad – Segretario Generale Amsi, Dr.ssa Eugenia Voukadinova – Vice Segretario Generale Amsi, e ancora i vicepresidenti di Uniti per Unire, Prof.ssa Laura Mazza e Federica Federici, con Kamel Belaitouche Coordinatore Organizzativo, Dott. Fabio Abenavoli Responsabile Cooperazione Internazionale dei Nostri Movimenti, con il Dr. Nadir Aodi Podologo, Coordinatore Commissioni “Podologi” e “Nuove Generazioni” di AMSI, Uniti per Unire e UMEM.
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