COMUNICATO STAMPA AMSI-UMEM-CO-MAI-AISC-UNITI PER UNIRE 14 MARZO 2025. Il paradosso della Cittadinanza Italiana
AMSI-UMEM-CO-MAI-AISC-UNITI PER UNIRE. Il paradosso della Cittadinanza Italiana: un sistema che complica l’accesso per i nati in Italia e ostacola l’inserimento professionale dei medici e degli infermieri stranieri, indispensabili per colmare le lacune dei nostri ospedali e di una sanità pubblica in perenne affanno.

AMSI-UMEM-CO-MAI-AISC-UNITI PER UNIRE. Il paradosso della Cittadinanza Italiana: un sistema che complica l’accesso per i nati in Italia e ostacola l’inserimento professionale dei medici e degli infermieri stranieri, indispensabili per colmare le lacune dei nostri ospedali e di una sanità pubblica in perenne affanno.
Sul Referendum Cittadinanza a 5 anni: con le nostre associazioni naturalmente lo appoggiamo e lo votiamo, dal momento che già nel 2002 l’abbiamo proposto per primi chiedendo anche l’accesso alla cittadinanza per i professionisti sanitari che lavorano già da almeno 5 anni in Italia. Occorre però risolvere le numerose criticità presenti. L’Italia non è un paese razzista, ma alcuni ostacoli e muri sono incomprensibili in un paese civile.
Aodi: “Il 60% dei professionisti sanitari senza cittadinanza non può partecipare ai concorsi. Il 63% lavora nel privato o come liberi professionisti, mentre solo il 28% trova impiego nel pubblico proprio a causa di questi ostacoli. Questo crea una condizione di esclusione per molti professionisti che non possono accedere ai concorsi, ma soprattutto priva la sanità pubblica di risorse fondamentali”-
Roma, 14 marzo 2025 – Il tema della cittadinanza italiana continua a suscitare dibattiti e controversie. Da un lato, l’Italia sta affrontando situazioni di cittadinanze facili, spesso legate a pratiche veloci per cittadini di origine italiana provenienti da paesi sudamericani. Questi processi, sebbene possano sembrare legittimi, suscitano preoccupazioni circa la facilità con cui si ottengono documenti italiani attraverso canali che, pur legali, potrebbero rivelarsi vulnerabili a fenomeni di abusivismo e truffa come si è visto in alcuni trasmissioni televisivi.
Dall’altro lato, però, il Paese si trova a fronteggiare una difficoltà crescente nell’assegnare la cittadinanza a ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, una categoria che rappresenta una parte significativa della popolazione, ma che, legalmente, non acquisisce la cittadinanza italiana automaticamente al momento della nascita, ma può ottenerla solo al compimento del 18esimo anno di età. Questo è un paradosso che crea una disuguaglianza profonda e rende ancora più difficile il percorso di integrazione di una parte fondamentale della nostra società.
In Paesi molto più evoluti rispetto ai nostri, come il Canada, se nasci in territorio canadese diventi automaticamente canadese, anche se sei figlio di cittadini nigeriani o argentini o cinese.
Secondo la Legge 91/1992 sulla cittadinanza, un bambino nato in Italia da genitori stranieri non acquisisce la cittadinanza automaticamente. Potrà ottenerla solo, come detto, al compimento dei 18 anni, attraverso una dichiarazione, a condizione che abbia vissuto legalmente nel Paese per almeno 10 anni. La legge prevede invece l’acquisizione automatica della cittadinanza per chi è figlio di almeno un genitore italiano, secondo il principio dello “ius sanguinis” (diritto di sangue).
Il Prof. Foad Aodi, leader delle associazioni AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medici Euromediterranea), Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia) e del Movimento Internazionale UNITI PER UNIRE, Direttore Responsabile di AISC (Agenzia Mondiale Britannica Informazione Senza Confini), nonché membro del Registro Esperti FNOMCEO e docente all’Università di Tor Vergata, dichiara:
“L’Italia sta vivendo una situazione paradossale. Da una parte, si facilita l’accesso alla cittadinanza tramite percorsi che talvolta sfociano in truffe e abusi provenienti da paesi come quelli sudamericani. Dall’altra, abbiamo giovani che sono nati e cresciuti in Italia, che parlano italiano, che sono culturalmente italiani, ma che non possono acquisire la cittadinanza fino al compimento dei 18 anni. Non solo subiscono un ritardo ingiustificato nel riconoscimento dei propri diritti, ma rischiano anche di essere emarginati dalla società italiana.
Questa situazione è inaccettabile. Non si può continuare a trattare i ragazzi nati nel nostro Paese come ‘stranieri’ per motivi burocratici. L’Italia dovrebbe facilitare l’accesso alla cittadinanza per questi giovani, i quali sono parte integrante della nostra società, contribuendo anche al benessere collettivo. La legge sulla cittadinanza dovrebbe essere riformata per riflettere la realtà di una società ormai multietnica e multiculturale.”, afferma il Prof. Aodi.
Il paradosso si estende anche al settore sanitario, dove medici e infermieri stranieri, fondamentali per affrontare la grave carenza di personale sanitario, si trovano ad affrontare barriere burocratiche difficili da superare. Nonostante il Paese abbia un bisogno urgente di professionisti del settore, i medici e gli infermieri di origine straniera sono ostacolati nell’accedere a concorsi pubblici e a posti di lavoro nel sistema sanitario nazionale a causa delle difficoltà nell’ottenimento della cittadinanza.
“Mentre l’Italia ha un bisogno disperato di medici e infermieri di origine straniera per affrontare la crisi sanitaria, ci troviamo di fronte a un sistema che ostacola l’ingresso di questi professionisti qualificati e non facilita la loro partecipazione ai concorsi regionali della sanità pubblica ponendo l’obbligo della cittadinanza italiana. L’iter per ottenere la cittadinanza è lungo e complicato, e spesso costringe questi professionisti a cercare altre opportunità, a volte nella libera professione, con la conseguente perdita di risorse preziose per il nostro sistema sanitario pubblico.”
Il Sistema Sanitario e il contrasto con la carenza di personale
L’Italia si trova a fronteggiare una grave carenza di medici e infermieri da anni. L’arrivo di professionisti da paesi stranieri, tra cui molti giovani, potrebbe essere una risorsa fondamentale per colmare questa lacuna, ma la legge complicata e il processo di cittadinanza lungo impediscono a questi professionisti qualificati di inserirsi pienamente nel sistema sanitario nazionale. Di fatto, ciò spinge molti a lavorare nel settore privato, creando un’ulteriore disparità tra il pubblico e il privato, con il rischio che il sistema sanitario pubblico non riesca a garantire l’assistenza sanitaria che i cittadini italiani e residenti si aspettano.
La sanità territoriale italiana è sull’orlo di un precipizio, e il recente “Report nazionale di sintesi dei risultati del monitoraggio DM 77/2022 – II semestre 2024”, pubblicato da AGENAS, assevera i nostri timori, e certifica tutto questo senza possibilità di smentita: il grande progetto del PNRR rischia di trasformarsi in un colossale spreco di risorse pubbliche se non si interviene immediatamente per colmare la drammatica carenza di professionisti sanitari.
Il dato che emerge è desolante: appena il 3% delle Case della Comunità è realmente operativo con la presenza di medici e infermieri, mentre solo il 22% degli Ospedali di Comunità ha almeno un servizio attivo. Il resto? Strutture vuote, prive del personale necessario a farle funzionare. Sono invece 642 le Centrali operative territoriali (Cot) attive e pienamente funzionanti rispetto alle 650 programmate, di queste 480 hanno raggiunto il target di rilevanza comunitaria rendicontato dal Ministero della salute alla Commissione Europea. Si tratta delle uniche strutture che superano il target in linea con gli standard previsti dal Dm 77/2022, un barlume di luce in un buio tunnel. Questo significa che abbiamo bisogno come il pane dei professionisti sanitari stranieri da inserire nel pubblico, ed è per questo che dobbiamo agevolare il loro accesso alla cittadinanza per chi lavora già da cinque anni nel nostro Paese, oppure, per chi è in questa condizione, eliminare l’obbligo di cittadinanza per partecipare ai concorsi.
Incredibilmente, oggi, per iscriversi serve anche il permesso di soggiorno per motivo di lavoro, che è un miracolo ottenerlo o convertirlo da studenti a lavoro.
Foad Aodi prosegue: “Il governo deve intervenire immediatamente per rivedere la legge sulla cittadinanza, rendendola più inclusiva e moderna. Il Paese ha bisogno di tutti i suoi figli, nati e cresciuti qui, ma anche dei professionisti stranieri che possono fare la differenza nella lotta contro la carenza di personale sanitario. Non possiamo permetterci di perdere queste risorse umane preziose a causa di leggi obsolete e inadeguate. Noi proponiamo più controlli, soprattutto più verifiche per coloro che ottengono la cittadinanza per legami di lontana parentela con l’Italia, come i bisnonni, eccetera.
Come proposta di cittadinanza, siamo stati la prima associazione, come AMSI, nel 2002, a proporre la cittadinanza per i figli dei migranti con lo Ius Scholae rivisto con la modifica di un percorso scolastico di 5 anni presso una scuola pubblica.
In seguito, proponiamo di ridurre il periodo necessario per ottenere la cittadinanza da 10 a 5 anni. Inoltre, chiediamo di consentire ai medici di origine straniera, o ai professionisti della sanità, di partecipare ai concorsi regionali, anche senza l’obbligo della cittadinanza, qualora abbiano lavorato per 5 anni consecutivi in Italia. “Il 60% dei professionisti senza cittadinanza non può partecipare ai concorsi. Il 63% lavora nel privato o come liberi professionisti, mentre solo il 28% trova impiego nel pubblico. Questo crea una condizione di esclusione per molti professionisti che non possono accedere ai concorsi.”, conclude Aodi.
Referendum sulla cittadinanza: un passo avanti per l’inclusione e la crescita del Paese. AMSI già da tempo in prima linea per il bene dei professionisti sanitari di origine straniera
“La proposta di ridurre, con il recente referendum sulla Cittadinanza, da 10 a 5 anni il requisito di residenza legale per ottenere la cittadinanza italiana rappresenta un’opportunità concreta per circa 2,5 milioni di persone di origine straniera che vivono, lavorano e contribuiscono allo sviluppo del Paese. Questa riforma consentirebbe non solo di garantire diritti fondamentali – come la possibilità di partecipare a concorsi pubblici, rappresentare l’Italia in ambito sportivo senza limitazioni e accedere a percorsi di studio internazionali – ma anche di allineare l’Italia ai principali Paesi europei, dove misure analoghe sono già in vigore. Si tratta di un adeguamento necessario per riconoscere il valore e il contributo di chi, pur non essendo nato cittadino italiano, ha radicato la propria vita in questo Paese. Un’Italia più inclusiva è un’Italia più forte. Il discorso vale anche per i professionisti sanitari di origine straniera che lavorano già in Italia, che in questo modo avrebbero la possibilità di partecipare in modo più agevole ai concorsi regionali e dare man forte a una sanità pubblica in perenne affanno che avrebbe bisogno di loro, dal momento che rappresentano un valore aggiunto. Amsi ha anticipato i tempi e da anni aveva già pensato a una battaglia del genere.
Nel 2002, abbiamo presentato la nostra prima richiesta ufficiale per l’accesso alla cittadinanza per i professionisti della sanità di origine straniera che abbiano lavorato regolarmente in Italia per almeno cinque anni. Il nostro obiettivo è permettere a questi professionisti di partecipare ai concorsi pubblici senza l’obbligo di avere la cittadinanza italiana. Siamo convinti che la loro esperienza e competenza siano un valore fondamentale per il nostro sistema sanitario e che dovrebbero poter contribuire pienamente, senza discriminazioni legate alla cittadinanza. Continueremo a sostenere questa causa con determinazione, affinché venga riconosciuto il diritto di tutti di contribuire al benessere collettivo», continua il Prof. Foad Aodi.
Il Prof. Aodi, insieme ai direttivi delle sue associazioni, chiede quindi una riforma urgente della legge sulla cittadinanza che tenga conto della realtà multietnica e multiculturale del Paese e risponda alle sfide che l’Italia sta affrontando, sia sul fronte della salute pubblica, che su quello della giustizia sociale.
Così dichiarano i Consigli Direttivi, insieme al Prof. Foad Aodi, medico palestinese, giornalista internazionale iscritto all’albo di Roma e del Lazio, ed esperto di salute globale, con il Dr. Jamal Abo A. – Vice presidente Amsi, il Dr. Mihai Baleanu – Portavoce Amsi, il Dr. Kamran Paknegad – Segretario Generale Amsi, Dr.ssa Eugenia Voukadinova – Vice Segretario Generale Amsi, e ancora i vicepresidenti di Uniti per Unire, Prof.ssa Laura Mazza e Federica Federici, con Kamel Belaitouche Coordinatore Organizzativo, Dott. Fabio Abenavoli Responsabile Cooperazione Internazionale dei Nostri Movimenti, con il Dr. Nadir Aodi Podologo, Coordinatore Commissioni “Podologi” e “Nuove Generazioni” di AMSI, Uniti per Unire e UMEM.
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